fonte Geometra.info 6 febbraio 2017
A rispondere è il Consiglio di Stato, che con una panoramica ben chiara fornisce i criteri per affrontare le varie casistiche
Ricorrendo innanzi al TAR il proprietario di un immobile impugnava l’ordinanza con cui il Comune gli aveva ingiunto di provvedere alla demolizione di una copertura e chiusura perimetrale di un pergolato con teli plastificati, in quanto realizzate in assenza di titolo abilitativo.
In prima battuta, nonostante la realizzazione in materiale plastico e nonostante il carattere della amovibilità. Il TAR ha deciso di non annullare l’ordine di demolizione, in quanto ha rilevato che le opere realizzate avevano determinato una trasformazione urbanistico-edilizia del territorio, con la perdurante modifica dello stato dei luoghi.
La questione, approdata al Consiglio di Stato, è stata completamente ribaltata. E’ Stato osservato, infatti, che in relazione ad alcune opere, normalmente di limitata consistenza e di limitato impatto sul territorio – come pergolati, gazebo, tettoie, pensiline, pergotende – non è sempre agevole individuare il limite entro il quale esse possono farsi rientrare nel regime dell’edilizia libera o, invece, devono farsi rientrare nei casi di edilizia non libera per i quali è richiesta una comunicazione all’amministrazione preposta alla tutela del territorio, o il rilascio di un permesso di costruire.
Spesso sono i regolamenti edilizi comunali che dettano le regole, anche sulle dimensioni, che possono avere tali opere per poter essere realizzate liberamente, o previa comunicazione (o richiesta) di assenso edilizio.
A questo tipo di disposizioni si aggiungono poi, per le aree sottoposte a vincolo paesaggistico o ad altri vincoli, le limitazioni imposte dai diversi strumenti di tutela.
Nella fattispecie in esame, il Consiglio di Stato esclude che le opere realizzate, e ritenute abusive dal Comune, possano farsi rientrare tutte nella nozione di pergolato.
Il pergolato costituisce una struttura realizzata al fine di adornare e ombreggiare giardini o terrazze e consiste, quindi, in un’impalcatura, generalmente di sostegno di piante rampicanti, costituita da due (o più) file di montanti verticali riuniti superiormente da elementi orizzontali posti ad una altezza tale da consentire il passaggio delle persone.
Il pergolato, per sua natura, è una struttura aperta su almeno tre lati e nella parte superiore e, normalmente, non necessita di titoli abilitativi edilizi.
Quando il pergolato viene coperto, nella parte superiore (anche per una sola porzione) con una struttura non facilmente amovibile (realizzata con qualsiasi materiale), è assoggettata tuttavia alle regole dettate per la realizzazione delle tettoie.
La struttura realizzata non può farsi rientrare nemmeno nella nozione di gazebo, pur avendone alcune caratteristiche.
Il gazebo, infatti, nella sua configurazione tipica, è una struttura leggera, non aderente ad altro immobile, coperta nella parte superiore ed aperta ai lati, realizzata con una struttura portante in ferro battuto, in alluminio o in legno strutturale, talvolta chiuso ai lati da tende facilmente rimuovibili. Spesso il gazebo è utilizzato per l’allestimento di eventi all’aperto, anche sul suolo pubblico, e in questi casi è considerata una struttura temporanea; in altri casi il gazebo è realizzato in modo permanente per la migliore fruibilità di spazi aperti come giardini o ampi terrazzi.
Nel caso, l’opera realizzata non è stata ritenuta assimilabile ad un gazebo per la sua forma, che non è quella tipica di un gazebo, per i materiali utilizzati, che non sono tutti leggeri, e perché la struttura era stata realizzata in aderenza ad un preesistente immobile in muratura.
La struttura contestata dal Comune non è stata considerata neppure una veranda.
La veranda, realizzabile su balconi, terrazzi, attici o giardini, è caratterizzata da ampie superfici vetrate che all’occorrenza si aprono tramite finestre scorrevoli o a libro. Per questo la veranda, dal punto di vista edilizio, determina un aumento della volumetria dell’edificio e una modifica della sua sagoma e necessita quindi del permesso di costruire.
Sulla base delle affermazioni dell’appellante, che insiste nel sostenere che le opere sanzionate altro non sono che una pergotenda, il Consiglio di Stato ha affermato che tali strutture, la cui agevole realizzazione è oggi possibile grazie a nuove tecniche e nuovi materiali, sono destinate a rendere meglio vivibili gli spazi esterni delle unità abitative (terrazzi o giardini) e sono installate per soddisfare quindi esigenze non precarie.
Le pergotende non si connotano, pertanto, per la temporaneità della loro utilizzazione, ma costituiscono un elemento di migliore fruizione dello spazio esterno, stabile e duraturo, pertanto, tenuto conto della loro consistenza, delle caratteristiche costruttive e della loro funzione, non costituiscono un’opera edilizia soggetta al previo rilascio del titolo abilitativo.
L’opera principale non è, infatti, la struttura in sé, ma la tenda, quale elemento di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, finalizzata ad una migliore fruizione dello spazio esterno dell’unità abitativa, con la conseguenza che la struttura (in alluminio anodizzato) diventa mero elemento accessorio, necessario solo al sostegno e all’estensione della tenda.
L’insieme, quindi, non può considerarsi come una nuova costruzione, perché essendo in materiale plastico e retrattile, non presenta un organismo edilizio rilevante, tale da operare la trasformazione del territorio.